mercoledì 3 dicembre 2008

Anicca, l'impermanenza

Il cambiamento è inerente a ogni esistenza fenomenica. Non vi è nulla
nel campo animato o inanimato, organico o inorganico che possiamo
definire permanente, e anche se dessimo questa denominazione a
qualcosa, inevitabilmente essa sarebbe desinata a cambiare, a
sottoposi a qualche metamorfosi. Avendo compreso questo fatto
fondamentale attraverso l'esperienza diretta all'interno di se
stesso, il Buddha dichiarò:


Sia che nel mondo ci sia o no una persona completamente illuminata,
tuttavia rimane una condizione ferma, un fatto immutabile e una legge
fissata: tutte le formazioni fisiche e mentali sono impermanenti,
soggette alla sofferenza e prive di sostanza.

Anicca (impermanenza) , dukkha (sofferenza) e anatta (inconsistenza
dell'io) sono le tre caratteristiche comuni ad ogni esistenza
cosciente. Tra queste, la più importante nella pratica di Vipassana è
anicca. Come meditatori ci troviamo ad affrontare l'impermanenza di
noi stessi. Ciò ci permette di comprendere che non abbiamo alcun
controllo su questo fenomeno, e che ogni tentativo di manipolarlo non
ci crea altro che sofferenza. Impariamo quindi a sviluppare il
distacco e l'accettazione di questo fatto, l'apertura al cambiamento,
permettendoci così di vivere felicemente tra le vicissitudini della
vita. Perciò il Buddha disse:

Meditatori, a colui che percepisce l'impermanenza si manifesta
chiaramente la percezione della inconsistenza e mancanza di un io. E
in chi percepisce questa inconsistenza, l'egoismo viene distrutto. E,
come risultato, ottiene la liberazione persino in questa stessa vita.
La comprensione di anicca conduce automaticamente alla comprensione
di anatta e dukkha, chiunque realizzi questi fatti si trova
naturalmente sul cammino che conduce fuori dalla sofferenza.

Data la cruciale importanza di anicca non sorprende che il Buddha ne
sottolineasse ripetutamente l'importante significato per coloro che
cercano la liberazione. Nel Maha-Satjpatthana Suttanta, il testo
principale in cui viene spiegata la meditazione Vipassana, egli
descrisse i differenti stadi della pratica, che devono in ogni caso
condurre alla seguente esperienza:

Il meditatore si sofferma ad osservare il fenomeno del sorgere... si
sofferma ad osservare il fenomeno del passare... si sofferma ad
osservare il fenomeno del sorgere e passare.

Dobbiamo saper riconoscere il fatto dell'impermanenza non solamente
nel suo aspetto facilmente riconoscibile, intorno e all'interno di
noi stessi. Oltre a ciò, dobbiamo imparare a vedere la realtà sottile
che noi stessi stiamo cambiando ogni momento, che l'io di cui siamo
così infatuati è un fenomeno in flusso costante, in continuo
cambiamento. Con questa esperienza possiamo facilmente emergere
dall'egoismo e così dalla sofferenza. In altre circostanze il Buddha
disse:

L'occhio, o meditatori, è impermanente. E ciò che è impermanente è
insoddisfacente. Ciò che è insoddisfacente è senza sostanza. E ciò
che è senza sostanza non è "mio", non è "io", non è "me stesso". Ecco
come osservare l'occhio con saggezza, come è realmente.

La stessa cosa si ripete per l'orecchio, il naso, la lingua, il
corpo, per tutte le basi dell'esperienza sensoriale, per ogni aspetto
dell'essere umano. Il Buddha così continuò:

Vedendo ciò, o meditatori, il meditatore bene istruito ne ha
abbastanza dell'occhio, dell'orecchio, del naso, della lingua, del
corpo, e della mente. Essendo ormai sazio non prova più la passione
per essi. Essendo senza passione per questi sensi, si sente libero.
In questa libertà nasce la comprensione di essere liberato.

In questo passaggio il Buddha fa una netta distinzione tra il
conoscere per sentito dire e la personale comprensione dovuta
all'esperienza diretta. Si possono ascoltare numerosi discorsi e
accettarli per fede o anche intellettualmente. Comunque questa
accettazione è insufficiente per liberarci dal ciclo della
sofferenza. Per ottenere la liberazione ognuno deve vedere e
sperimentare la verità da solo, all'interno di se stesso. Ecco ciò
che Vipassana ci permette di fare.

Se vogliamo capire l'eccezionale contributo del Buddha, dobbiamo
mantenere questa distinzione bene in mente. Le verità di cui egli
parlava erano conosciute anche prima di lui, ed erano comuni
nell'India dei suoi tempi. Egli non inventò i concetti
dell'impermanenza, della sofferenza e dell'inconsistenza dell'io. La
sua unicità e peculiarità consiste nell'aver trovato una via per
passare dai discorsi sulla verità alla diretta esperienza della
verità. Un testo in cui ritroviamo l'attenzione per questo
particolare aspetto dell'insegnamento del Buddha è il Bahiya Sutta,
che si trova nel gruppo di discorsi del Samyutta Nikaya. In esso
viene descritto l'incontro del Buddha con Bahiya, un ricercatore del
cammino spirituale. Nonostante non fosse un discepolo del Buddha,
Bahiya gli chiese di essergli da guida per la sua ricerca. I1 Buddha
rispose ponendogli delle domande:

Che cosa ne pensi, Bahiya: è l'occhio permanente o impermanente?
Impermanente, signore.
E ciò che è impermanente è causa di sofferenza o di felicità?
Di sofferenza, signore.
Ora, ti sembra giusto considerare ciò che è impermanente, causa di
sofferenza e per natura mutevole, come "mio", "io"," me stesso"?
Certamente no, signore.

Il Buddha continuò a fare le stesse domande a Bahiya sugli oggetti
della vista, la coscienza dell'occhio e il contatto dell'occhio.
L'uomo era sempre d'accordo: essi sono impermanenti, insoddisfacenti,
senza un "io". Non si dichiarava un seguace dell'insegnamento del
Buddha, e tuttavia accettava la realtà di anicca, dukkha, e anatta.
Naturalmente la spiegazione è che per Bahiya e altri come lui, i
concetti dell'impermanenza, della sofferenza e della inconsistenza
dell'io erano semplicemente delle opinioni. A queste persone il
Buddha mostrò una via per andare al di là di credenze e filosofie, e
fare esperienza diretta della loro natura come impermanente, come
sofferente e senza un Io. In che cosa consiste quindi questa via che
egli ha mostrato ? Nel Brahamajala Suttanta, un altro discorso, il
Buddha offre una risposta. Fa un elenco di tutte le credenze, le
opinioni e i punti di vista del suo tempo, e quindi afferma di
conoscere qualcosa molto oltre tutti quei punti di vista:

Avendo fatto esperienza di come realmente sono il sorgere e il
passare delle sensazioni, l'attaccamento verso di esse, il pericolo
insito in esse e il distaccarsi da esse, l'Illuminato, o meditatori,
è diventato distaccato e liberato.

Qui il Buddha molto semplicemente dichiara che è diventato illuminato
osservando le sensazioni fisiche come manifestazioni di impermanenza.
E invita chiunque voglia seguire l'insegnamento del Buddha a fare
altrettanto. L'impermanenza è il fatto centrale che dobbiamo
comprendere per uscire dalla nostra sofferenza; e la via immediata
per fare esperienza dell'impermanenza è osservare le nostre
sensazioni fisiche, corporee. Di nuovo il Buddha disse:

Ci sono tre tipi di sensazioni, o meditatori, e tutte sono
impermanenti, composte, e sorgono per una causa, destinate a non
durare, e per natura a passare, scomparire, cessare.

Le sensazioni all'interno di noi stessi sono la più palpabile
espressione della caratteristica di anicca, l'impermanenza.
Osservandole, diventiamo capaci di accettare questa realtà, non
solamente per fede o per convinzione intellettuale, ma per nostra
esperienza diretta. In questo modo progrediamo dall'ascoltare
solamente la verità allo sperimentarla all'interno di noi stessi. E
la verità, quando la incontriamo faccia a faccia, è destinata a
trasformarci radicalmente. Così il Buddha disse:

Quando un meditatore resta consapevole con corretta comprensione,
diligente, ardente, e con pieno autocontrollo, quando piacevoli
sensazioni fisiche sorgono nel suo corpo, egli allora comprende che è
sorta questa piacevole sensazione corporea, ma è dipendente da una
causa, non è indipendente. Dipendente da cosa? Da questo corpo. Ma
questo corpo è impermanente, composto, condizionato. Ora, come
potrebbero queste piacevoli sensazioni fisiche essere permanenti dal
momento che dipendono da questo corpo composto e impermanente, e che
è esso stesso condizionato?

Il meditatore fa esperienza dell'impermanenza delle sensazioni nel
corpo, del loro sorgere, del loro passare, del loro cessare, e quindi
del diminuire dell'attaccamento a esse. Mentre fa ciò, il suo
sotterraneo condizionamento di bramosia viene abbandonato. Allo
stesso modo, quando prova sensazioni spiacevoli nel corpo, viene
abbandonato il suo sotterraneo condizionamento di avversione; e
quando fa esperienza di sensazioni neutre nel corpo, viene
abbandonato il suo sotterraneo condizionamento di ignoranza. In
questo modo, osservando l'impermanenza delle sensazioni corporee, un
meditatore si avvicina sempre più alla meta dello stadio
incondizionato del nibbana, al di là delle esperienze sensoriali.
Dopo aver raggiunto quella meta, Kondañña, la prima persona che
divenne liberata attraverso l'insegnamento del Buddha, dichiarò:

Ogni cosa che ha la natura del sorgere ha anche la natura del cessare.

Solamente facendo esperienza in modo totale della realtà di anicca fu
capace di fare esperienza di una realtà che non sorge e non passa. La
sua dichiarazione è un chiaro segnale sul cammino ai futuri
ricercatori della verità, indica la via che essi devono seguire per
raggiungere la meta. Al termine della sua vita il Buddha dichiarò:

Ogni cosa esistente è impermanente.

Nei suoi ultimi momenti volle riproporre il grande tema di cui aveva
parlato così spesso durante i suoi anni di insegnamento. E poi
aggiunse:

Sforzatevi diligentemente.

Ma per quale scopo, ci dobbiamo chiedere, dobbiamo sforzarci?
Sicuramente queste parole, le ultime dette dal Buddha, non possono
che riferirsi alla frase precedente. Il prezioso messaggio del Buddha
al mondo è la comprensione di anicca, la comprensione per esperienza
diretta dell'impermanenza di ogni fenomeno fisico e mentale, come
strumento per la liberazione. Dobbiamo sforzarci di raggiungere
l'impermanenza all'interno di noi stessi; solo facendo ciò si potrà
dire di aver compreso la sua ultima esortazione e il suo insegnamento.

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lunedì 1 dicembre 2008

il coma vegetativo

Salve e' tanto che manco dal blog, in questo periodo ho avuto un po di problemi , uno dei quali un arresto cardiaco di mio suocero mentre scendevamo in citta, un arresto cardiaco che l' ha tenuto senza ossigeno per 10 minuti o giu' di li ,adesso e' in coma parziale nell' Unita di Rianimazione , dico in coma parziale perche ha cominciato a muovere i bulbi oculari e inizia a respirare per alcune ore autonomamente. In tutti questi giorni nonostante i pareri di diagnosi negative dei medici ho continuato a stimolarlo con EFT a parlargli a fargli sentire che c' eravamo non so se e' una coincidenza o cosa ma sembra che qualcosa si muova se qualcuno di voi conosce qualche tecnica gradirei mi contattasse tramite il modulo di webmaster nel blog .
A risentirci Starl

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